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Come riciclare la propria barca?

 

«Il mare non è una discarica». È un’espressione nota, ma chi può realmente definirsi un praticante del mare modello? I proprietari delle barche, non importa la tipologia (a vela o a motore), sono i primi a sentirsi tirati in causa.

“Quanto è bella la mia barca, è la più bella”, dicono spesso; ma cosa succede quando questa non può più navigare? Cosa si fa con la barca? Qui iniziano i problemi.

 

In Italia oggi si contano 570 000 barche, ma si stima che solamente un quarto di esse navighino effettivamente, mentre la vendita di nuove barche è in forte aumento. 

I porti sono congestionati ed è difficile trovare un piccolo anello a cui attraccare la barca. In più, l’ecosostenibilità ha un peso sempre maggiore nelle scelte quotidiane di ciascuno di noi.

I diportisti dovrebbero essere particolarmente attenti e implicati nel rispetto dell’ambiente, eppure non vige nessuna regolamentazione a riguardo. Bisogna quindi risolvere da soli la questione. Sapendo che la maggior parte delle barche sono costruite con materiali compositi (poliestere e fibra di vetro), il loro riciclaggio è complicato perché non si decompongono facilmente.

Alcuni quindi fanno affondare la barca con la coscienza pulita pensando che diventerà un riparo per i pesci; altri la abbandonano in fondo a una discarica; la maggior parte non sa come comportarsi e la lascia in porto aspettando di trovare una soluzione.

 

 

Esistono però alternative, anche se sembra che non siano sufficienti. Contrariamente a ciò che si immagina, le barche sono riciclabili quasi interamente.

 

Il riciclaggio di una barca avviene in più fasi.

Bisogna innanzitutto portare la barca di un centro di rivalutazione: questo equivale al 30% del prezzo del processo. L’officina smantella materiali ed equipaggiamento di navigazione, effettua un disinquinamento (recupero dell’olio…) e infine smonta in modo mirato materiali in inox, legno, alluminio o vetro, facilmente riciclabili. Prima dell’ultima fase, lo scafo e il ponte sono triturati e smembrati. Tutti questi passaggi equivalgono al 40% del riciclaggio totale. Alla fine la vetroresina opportunamente frantumata è rivenduta a siti industriali che richiedono idrocarburi da bruciare o cementifici, seppellite in discariche specializzate oppure recuperata per creare elementi d’arredo e pannelli per la costruzione . Questa tappa rappresenta il 30% del prezzo.

In media, il riciclaggio di una barca costa quindi 1200€ al suo proprietario o alla collettività.

Più aziende sono specializzate nello smantellamento di barche da diporto fuori uso. 

 

 

Esistono delle soluzioni per globalizzare la costruzione e il riciclaggio delle barche:

-          In collaborazione con i fabbricanti, una eco-partecipazione potrebbe essere programmata al momento dell’acquisto di una barca, al fine di sovvenzionare la sua distruzione futura.

-          L’obbligo per il porto di seguire le barche fino al momento della sostituzione dell’anello.

-          Un incentivo alla rottamazione istituito dallo stato, come quelli previsti per il settore automobilistico. Ciò permetterebbe l’aumento delle vendite delle barche nuove e quindi il rinnovamento della flotta attuale.

-          Finanziare la ricerca e lo sviluppo di nuovi materiali totalmente e facilmente riciclabili.

 

L’industria nautica ha dunque un ritardo nello smantellamento e riciclo delle barche in fin di vita. Ma non è troppo tardi per riparare gli errori e avanzare nella giusta direzione.